«La completezza umana può essere raggiunta solo all’interno dello spazio
aperto creato dal dialogo: con gli
altri, con la storia, con la natura e con il cosmo. Il chiuso silenzio degli
indifferenti può soltanto diventare il luogo del suicidio spirituale. Nessuno
di noi è umano sin dalla nascita, se non in senso biologico. È nostro compito
diventare veri esseri umani imparando a conoscere noi stessi e gli altri.
Questo è possibile solo se ci immergiamo nell’oceano del linguaggio e del
dialogo alimentato dalla sorgente della tradizione culturale» (Daisaku ikeda).
Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, desiderava più di ogni altra cosa eliminare la sofferenza dal pianeta. Questo desiderio si è fortemente consolidato nel pensiero e nelle azioni del suo discepolo e terzo presidente Daisaku ikeda e di tutta la Soka Gakkai mondiale. Toda sosteneva l’urgenza di un nuovo umanesimo e riteneva che qualunque nozione di progresso dovesse prevedere le conseguenze che avrebbe prodotto per lo meno nei prossimi duecento anni.
Per realizzare la nuova forma di umanesimo esortava a utilizzare il dialogo come mezzo per creare una solidarietà duratura ed estesa a tutta l’umanità. Il Buddismo è sempre stato associato alla pace e al pacifismo, sia per il suo fermo rifiuto della violenza, sia per l’importanza che attribuisce al dialogo, considerati i migliori strumenti per la trasformazione dei conflitti.
La vita stessa di Shakyamuni,
descritta nei vari sutra, è un’ottima illustrazione di queste caratteristiche
dell’insegnamento buddista. Shakyamuni era completamente libero dai dogmi e i
suoi rapporti con gli altri erano sempre improntati al dialogo. Sebbene
normalmente associamo il Budda Shakyamuni alla mitezza, egli parlò anche con
grande durezza quando era necessario. Allo stesso modo Nichiren Daishonin, il
fondatore della scuola cui aderisce la Soka Gakkai, poneva un’assoluta fiducia
nel potere del linguaggio.
Egli dimostrava un caldo affetto e una premurosa preoccupazione per la
gente comune, ma nei suoi scontri con le autorità corrotte non scendeva mai a
compromessi. Sempre disarmato nel mezzo della cronica violenza del Giappone
medievale, Nichiren contava esclusivamente sul potere della persuasione e della
nonviolenza.
Il vero dialogo – secondo il Buddismo – è possibile solo quando entrambe le parti sono capaci di autocontrollo. Ma c’è un altro elemento essenziale senza il quale il dialogo diventa eloquenza manipolatoria: la rispettosa compassione per l’altro, per quanto culturalmente diverso da noi e apparentemente contrario ai nostri interessi.
Se più persone si impegnassero instancabilmente nel dialogo, di sicuro gli inevitabili conflitti della condizione umana troverebbero più facilmente una soluzione. Il pregiudizio cederebbe il terreno all’empatia e la guerra lascerebbe il posto alla pace. Il vero dialogo sfocia nel cambiamento degli opposti punti di vista, trasformandoli da solchi che separano gli individui in ponti che li uniscono.
(dal sito: www.sgi-italia.org)

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