Thursday, November 6, 2014

Lo spirito dell'offerta.

Brano estratto da: La nuova rivoluzione umana, vol. 4, pagg. 84-89

Poco prima del 3 maggio Shin’ichi si trovava alla sede centrale di Tokyo. Assorto nei suoi pensieri, riesaminava una serie di progetti da realizzare nei mesi successivi: la Grande sala dei ricevimenti al Tempio principale e una serie di nuovi templi e centri culturali disseminati in tutto il paese. Ognuno di questi edifici aveva una sua specifica importanza per le attività della Soka Gakkai, il problema era trovare i fondi per costruirli.
Come già accaduto durante la presidenza di Toda per quanto riguardava la Sala delle conferenze, anche questa nuova costruzione si sarebbe potuta realizzare solo chiedendo ai credenti una donazione straordinaria. Ma Shin’ichi era incerto su questo punto.
Per continuare a costruire centri culturali e templi era indispensabile aumentare il numero di membri che sostenevano finanziariamente la Soka Gakkai. Ma il dubbio di Shin’ichi era che, per quanto la maggior parte dei membri stesse ottenendo evidenti benefici, pochi di costoro potevano dirsi effettivamente “fuori pericolo”. Dopotutto moltissimi avevano abbracciato la fede per risolvere problemi economici e Shin’ichi non voleva crear loro ulteriori preoccupazioni.
Ripensava a come la Gakkai si era sostenuta finanziariamente in passato. Fin dall’inizio, da quando Tsunesaburo Makiguchi aveva dato vita all’organizzazione, ogni responsabilità finanziaria era stata a carico di Toda, allora direttore generale.
Anche dopo la guerra, per ricostituirla, Toda aveva usato il proprio denaro per non gravare finanziariamente sui membri. Ma poco dopo la sua nomina a secondo presidente, molti avevano avanzato l’aperta richiesta di poter partecipare al sostentamento economico dell’organizzazione. Del resto, dato il vertiginoso ritmo di crescita, a Toda non sarebbe stato possibile far fronte a tutte le spese ancora per molto.
Le donazioni alla Gakkai rappresentano un’offerta per lo sviluppo di kosen rufu. Di fronte alle richieste dei membri, Toda si rese conto che era giunto il momento di compiere anche quel passo, mantenendo comunque un atteggiamento di estrema cautela. Era convinto che i finanziamenti per kosen rufu dovessero provenire da offerte basate su un intento puro e uno spirito sincero. Per questo impose norme molto severe circa la possibilità di effettuare donazioni. Selezionò un gruppo di settantotto persone – che riteneva affidabili sia dal punto di vista della fede sia da quello finanziario – e le incaricò del reperimento e della supervisione di tutti i fondi della Gakkai.
Il gruppo finanziamenti, costituito ufficialmente il 3 luglio 1951, crebbe rapidamente negli anni successivi, diventando un supporto insostituibile per la vita economica dell’organizzazione.
I membri che entravano a farne parte consideravano un onore poter contribuire allo sviluppo di kosen rufu con le loro offerte. Lo spirito che animava queste persone riempiva di gioia il cuore di Toda. Le offerte in denaro alla Soka Gakkai differivano dalle analoghe pratiche di offerta in uso presso altre organizzazioni, proprio perché era essenziale che fossero basate sulla fede. Coloro che contribuivano con spirito sincero, in accordo col desiderio di Nichiren Daishonin, avrebbero immancabilmente r icevuto immensi benefici. Toda avrebbe voluto offrire questa opportunità a un numero maggiore di membri, ma consapevole delle difficoltà economiche che molti di loro attraversavano aveva preferito soprassedere.
Allo stesso tempo, si rendeva conto che impedire del tutto la possibilità di contribuire sarebbe stata una mancanza di compassione.
Giunse infine a un compromesso: tutti i membri – a condizione che ciò non creasse loro problemi economici – avrebbero potuto versare un contributo per la realizzazione di opere di carattere straordinario, come il restauro della Pagoda a cinque piani o la costruzione della Sala delle conferenze. Shin’ichi si ricordò di qualcosa che Toda gli aveva detto a proposito di Tokugawa Mitsukuni (1628-1700): «Il secondo signore del feudo di Mito, che aveva fama di governante saggio e benevolente, riunì un gran numero di insigni studiosi affidando loro il compito di compilare un’esauriente storia del Giappone. Mitsukuni, comunemente noto con il nome di Mito Komon, fu protagonista di racconti popolari che lo vedevano viaggiare in incognito per tutto il paese al fine di ispezionare l’operato degli alti funzionar i dello shogunato.
Ebbene, costui scrisse il monumentale Dai Nihon shi (Grande storia del Giappone), opera che, a quanto si dice, mise a dura prova le sue risorse finanziarie. Mitsukuni era un uomo di grande virtù e di sicuro dovette angustiarlo non poco il fatto di gravare di tasse i suoi sudditi per reperire i fondi necessari.
Allo stesso modo io oggi mi trovo a incoraggiare i membri, molti dei quali sono davvero poveri, a versare un contributo in denaro perché è necessario per kosen rufu e perché in questo modo riceveranno benefici. Pur essendo certo di questo, mi sento profondamente dispiaciuto.»
Shin’ichi comprendeva ciò che il suo maestro aveva inteso dire e anche lui ora condivideva quello stato d’animo.
Eppure rimaneva il fatto che fare offerte per il Buddismo è fonte di benefici incommensurabili. Ne è esempio la storia del ricco mercante Sudatta, che fece costruire il monastero di Jetavana in offerta al Budda Shakyamuni.
Molte scritture sostengono che Sudatta si convertì al Buddismo dopo essersi arricchito, altre invece offrono una versione differente. In India c’era un uomo di nome Sudatta che viveva con la moglie. Pur essendo molto poveri, erano ferventi seguaci degli insegnamenti del Budda. Un giorno la moglie stava cucinando quel poco di riso che il marito era riuscito a procurarsi quando Aniruddha, uno dei discepoli di Shakyamuni, si affacciò alla porta porgendole la ciotola dell’elemosina.
Nel vederlo, la donna si inchinò rispettosamente e gliela riempì di riso. Subito dopo arrivarono altri discepoli del Budda, tra i quali Subhuti, Mahakashyapa, Maudgalyayana e Shariputra, ognuno porgendo alla donna la propria ciotola.
Ella offrì il suo riso a ciascuno. Infine arrivò Shakyamuni in persona e la donna, in segno di rispetto, gli offrì con gioia tutto il riso rimasto. Se il marito fosse stato presente, ella avrebbe certamente chiesto il suo consenso e lui sarebbe stato ben lieto di offrire tutto il riso ai visitatori. La donna, tuttavia, si sentiva inquieta per non aver chiesto il consenso.
Quando Sudatta tornò a casa chiese alla moglie: «C’è qualcosa da mangiare?»
Questa lo guardò negli occhi e disse: «Se il discepolo di Shakyamuni Aniruddha venisse a elemosinare alla nostra porta, gli offriresti qualcosa?»
«Naturalmente» rispose l’uomo. «Se avessi del cibo glielo cederei, anche se poi io stesso dovessi rimanere digiuno…»
La donna continuò: «E se Subhuti o Mahakashyapa o lo stesso Shakyamuni venissero qui, cosa faresti?»
«La stessa cosa. Se avessi del cibo gliel’offrirei di cuore.»
La moglie sorrise. «Shakyamuni e i suoi discepoli sono venuti davvero e io ero così felice che ho dato loro tutto il riso per il quale hai faticato tanto. Ma ero preoccupata per quello che avresti detto; sono lieta di sentire che anche tu avresti fatto come me.»
Anche Sudatta sorrise e disse: «Quello che hai fatto è meraviglioso. Di certo sradicherà il nostro karma e ci recherà fortuna.»
Si dice che il gesto di generosità della moglie e la gioia con cui Sudatta aveva approvato il suo operato fecero di lui una persona ricca e influente. Queste due figure rappresentano il sincero spirito dell’offerta che nasce da una fede pura.

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